Karate, kata ed olimpiadi

Per la prima volta il karate è entrato a far parte delle olimpiadi e in fondo la cosa non mi tocca più di tanto, in quanto il karate olimpico è karate sportivo, lontanissimo come spirito e tecniche dal karatedo, ovvero l’arte marziale di Okinawa e Giappone.

Ovviamente il mio massimo rispetto per i karateka sportivi, atleti che si dedicano anima e corpo alla disciplina, con un unico obiettivo, vincere le competizioni ed io sono stato felice di vedere un’italiana vincere la medaglia di bronzo nei kata.

Già, i kata. Sono la cosa che meno mi piace del karate sportivo. I kata, inventati e tramandati per padroneggiare tecniche di autodifesa, sono stati ridotti ad esibizioni che mi sembrano solo degne dei vecchi film di kung fu .

Vedo tecniche portate a velocità assurde, ma che se viste al rallentatore si scoprono essere incomplete, e poi calci laterali snaturati per pura esigenza di spettacolo ( yoko geri keage trasformati in kekomi jodan, mentre l’unico yoko geri kekomi dei 26 kata Shotokan-Ryu così come codificati da Nakayama Sensei è in Nijushiho ) e potrei proseguire.

Parliamoci chiaro, quella vista non è l’evoluzione del karatedo (la Via della Mano Vuota) , dove Via e Vuota vanno intesi nel senso Zen. In fondo il responsabile tecnico della nazionale italiana (il Sig. Aschieri) non ha mai mostrato rispetto per il karatedo giapponese.

Ci sarebbe poi da aprire un capitolo a se stante sul kumite WKF (WKF è la federazione mondiale del karate sportivo, ma ne parlerò in un altro post).

Per concludere, non ho niente contro il karate sportivo, semplicemente non è karatedo.

Qualcuno obietterà: «ed allora le organizzazioni di karatedo tradizionale che organizzano le competizioni? Come le giustifichi?»

La risposta non è facile. Io credo che per i giovani l’agonismo possa essere istruttivo (per me fu così), e questo anche all’interno del karatedo, purché sia visto solo come una breve tappa evolutiva. Il karatedo dovrebbe essere praticato per tutta la vita e la pratica agonistica dovrebbe occupare solo una piccola iniziale parte di questa.

Torniamo allo spirito di Funakoshi Gichin Sensei.

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